Overtraining: cos’è, come riconoscerlo, cosa fare

In genere, più ci si allena per ottenere i propri obiettivi, più si cerca di superare i propri limiti correnti, più si migliora. Eppure, esiste una certa soglia oltre la quale “il troppo stroppia” e il corpo non riesce più a stare dietro agli allenamenti. 

La sindrome da sovrallenamento, spesso abbreviata in OTS (OverTraining Syndrome), rappresenta un grave problema che colpisce gli atleti di tutti i livelli. Questa condizione è caratterizzata da una diminuzione delle prestazioni fisiche e mentali, nonché da una serie di sintomi fisiologici e psicologici. Richiede un’attenta comprensione e gestione da parte degli operatori sanitari e degli atleti stessi. 

In questo articolo, esamineremo le cause, i sintomi, la diagnosi e le strategie di gestione dell’OTS, al fine di fornire una panoramica su questa importante problematica.

Cause dell’OTS

La sindrome da sovrallenamento si verifica quando un atleta non recupera adeguatamente dopo un allenamento intenso e ripetitivo e può comportare affaticamento, calo delle prestazioni e potenziali infortuni.

Esistono in realtà due classificazioni per l’eccesso di esercizio: il cosiddetto “overreaching” e l’”overtraining” vero e proprio.

Il sovrallenamento “overreaching” è un indolenzimento muscolare superiore a quello tipico che si verifica quando non si recupera a sufficienza tra un allenamento e l’altro. Si verifica di solito dopo diversi giorni consecutivi di allenamento intenso e provoca una sensazione di stanchezza intensa. Fortunatamente, non si tratta di una condizione persistente, e una buona dose di riposo e di gestione degli intervalli di allenamento sono normalmente sufficienti a risolverlo.

Il sovrallenamento “overtraining”, invece, può derivare da una serie di fattori, tra cui l’eccessivo carico di allenamento senza adeguati periodi di recupero, la mancanza di variazione nell’allenamento, una dieta inadeguata, stress emotivo e altri fattori ambientali e psicologici. Ad esempio, un atleta potrebbe ignorare i segnali di overreaching e continuare ad allenarsi, continuando a spingere credendo che un allenamento più duro possa rimediare a momentanei cali di prestazione. Questo non fa altro che indebolire ulteriormente l’organismo, fino a raggiungere un punto di rottura che determina un calo delle prestazioni sistematico e duraturo e, a volte, un crollo psicologico ed emotivo.

Il recupero completo dal sovrallenamento è difficile e può richiedere settimane o mesi di pausa dall’allenamento, cosa che può essere particolarmente impegnativa per chi ha una vita che ruota intorno al proprio sport. Il sonno sano, l’alimentazione e il benessere mentale sono fondamentali per prevenire il sovrallenamento. Questi aspetti devono far parte del regime di allenamento tanto quanto il piano di esercizio e di riposo. 

Sintomi dell’overtraining

Capire quando si è in sovrallenamento può essere difficile. È piuttosto normale sentirsi affaticati dopo sessioni di allenamento impegnative, ma la sensazione generale di chi è in overtraining è di non riuscire proprio a recuperare durante i periodi di riposo, o di avere serie difficoltà a “spingere” durante gli allenamenti.

I sintomi dell’OTS possono variare da individuo a individuo e possono coinvolgere una vasta gamma di sistemi corporei. Tra i segnali fisici più comuni vi sono affaticamento cronico, riduzione delle prestazioni atletiche, aumento della frequenza cardiaca a riposo, disturbi del sonno, perdita di appetito e perdita di peso involontaria

Ci si può anche iniziare ad ammalare più di frequente – un segnale di alterazioni che coinvolgono il sistema immunitario. Le donne potrebbero avere irregolarità nel ciclo mestruale, fino a saltarlo per alcuni mesi. A livello psicologico, gli atleti affetti da OTS possono sperimentare irritabilità, ansia, depressione e una diminuzione della motivazione verso l’allenamento e la competizione.

Diagnosi dell’OTS

La diagnosi dell’OTS può essere complessa e richiede un’attenta valutazione da parte di uno specialista. Come non si dovrebbe auto-organizzarsi allenamenti massacranti che, senza l’adeguata supervisione e riconoscimento di segnali precoci, potrebbero aumentare il rischio di overtraining, così è inutile e spesso dannoso cercare l’auto-diagnosi. Un conto è ascoltare il proprio corpo e segnalare a un professionista o al proprio allenatore i sospetti di affaticamento, così da anticipare il problema e agire per tempo; un altro è tentare diagnosi arraffazzonate, che potrebbero rendere più complicata la gestione del proprio stato. 

Infatti, è importante capire a quale stadio di affaticamento si è (fatica acuta, overreaching, overtraining) per gestire adeguatamente i periodi di riposo – attivo o passivo – in funzione anche dei propri obiettivi. Inoltre, è importante escludere altre cause di sintomi simili, come il sovrallenamento funzionale o le malattie metaboliche. Un professionista può, invece, riconoscere i segnali di overtraining accuratamente, combinandoli con esami di laboratorio alla ricerca di valori sballati di alcuni composti fisiologici, l’analisi della composizione corporea e la valutazione obiettiva delle prestazioni atletiche. Tutti elementi che possono essere utili nel processo diagnostico.

Gestione

La gestione dell’OTS richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga medici, allenatori, nutrizionisti e altri professionisti della salute. Non si tratta, infatti, di un “semplice” affaticamento risolvibile con qualche giorno di riposo. Le strategie di gestione possono invece includere la riduzione del volume e dell’intensità dell’allenamento, magari per periodi anche prolungati e l’implementazione di periodi di recupero attivo e passivo. Potrebbe essere necessario modificare la dieta, almeno temporaneamente, per garantire un adeguato apporto di nutrienti. Non deve poi mancare il supporto psicologico e l’adozione di tecniche di rilassamento e gestione dello stress, sia per affrontare un cambiamento drastico delle routine di allenamento – che magari potrebbero far saltare alcuni appuntamenti importanti -, sia per gestire il down mentale ed emotivo spesso associato all’overtraining.

Conclusioni

La sindrome da sovrallenamento rappresenta una sfida significativa per gli atleti e gli operatori sanitari. L’approccio ideale, per ogni atleta, è non arrivarci mai, ascoltando il proprio corpo e modulando gli allenamenti in funzione delle proprie capacità, energie ed obiettivi.

In casi gravi, invece, è essenziale riconoscerne precocemente i segni e i sintomi e adottare misure preventive per ridurre il rischio di cronicizzare questa condizione. Con una gestione appropriata, gli atleti possono recuperare dalle conseguenze dell’OTS e tornare a livelli ottimali di prestazione atletica. 

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