Leve del corpo per il movimento

Le leve del corpo

In un articolo precedente, abbiamo ripassato come il concerto di muscoli, ossa, nervi e articolazioni permetta i numerosissimi gesti di cui siamo capaci. Ma quali sono i principi fisici secondo cui la contrazione muscolare solleva pesi, vince resistenze e ci fa muovere?

La risposta è presto detta: sono le leve, sistemi meccanici conosciuti fin dall’antichità per vincere resistenze applicando una forza e sfruttando un fulcro. Vediamole un po’, per capire come funzioniamo e per scovare qualche trucco per ottimizzare gli allenamenti.

Brevissimo spiegone sulle leve

Una leva è una macchina semplice formata da un’asta rigida e da un fulcro (un punto fisso) attorno cui l’asta si muove. Un semplice esempio è l’altalena basculante, quel gioco per bambini formato da una trave imperniata su un sostegno centrale. I bimbi si siedono a due estremità opposte e oscillano su e giù. A volte, per fare uno scherzo, due o più bambini si siedono su un lato, lasciando l’altra estremità – e il suo cavaliere – all’aria. In questo caso, il sostegno centrale fa da fulcro e la trave corrisponde all’asta della leva.  

Le leve hanno una caratteristica molto interessante: ciò che conta per ottenere un equilibrio o spostare qualcosa non è solamente la forza (o il peso) applicata, ma la sua combinazione con un “braccio”, ossia la distanza tra il fulcro e il punto di applicazione della forza stessa. 

Facciamo un esempio concreto. Vogliamo tenere l’altalena orizzontale. Se la distanza tra le sedute e il sostegno è uguale, allora dobbiamo far sedere due bambini che pesano uguali – diciamo 30 kg. Ma se le due distanze (i due “bracci”) sono diverse, allora possiamo variare. Immaginiamo che un braccio sia lungo il doppio dell’altro. Allora, sul braccio lungo teniamo il pargolo da 30 kg; sull’altro, ci si può comodamente sedere la mamma, di 60 kg. L’altalena starà in equilibrio. 

Quanto appena descritto si può riassumere con una formuletta: b1*F1 = b2*F2, dove F1 e F2 sono le forze applicate (o i pesi) e b1 e b2 sono i due “bracci”. Se raddoppio un braccio, posso dimezzare la sua forza corrispondente e mantenere il sistema in equilibrio.

Per questo, le leve sono utilizzate ovunque, per aiutare una forza motrice (quella che “spinge”) a muovere una forza resistente. 

Tre tipi di leve

Esistono tre grandi classi di leve, a seconda della posizione reciproca di forza motrice, forza resistente e fulcro. 

Quelle di primo tipo sono come l’altalena basculante, col fulcro in mezzo. A seconda della lunghezza dei bracci, posso essere vantaggiose (una forza motrice piccola con un braccio lungo riesce a spostare una forza resistente grossa con braccio corto), svantaggiose (al contrario) o neutre (in questo caso, si ha equilibrio come nell’esempio sopra).

Quelle di secondo tipo hanno il fulcro a un’estremità dell’asta, e la forza motrice posta più lontana della forza resistente. Un esempio tipico sono le carriole. Queste leve sono sempre vantaggiose.

Le leve di terzo tipo hanno sempre il fulcro a un’estremità dell’asta, ma le forze sono invertite: quella motrice è più vicina al fulcro e quindi ha un braccio più corto. Di conseguenza sono sempre svantaggiose, ma permettono più rapidità e ampiezza di movimenti se la forza è adeguata. Le pinze per il caminetto sono leve di terzo tipo. 

Finalmente i muscoli

L’abbiamo presa molto larga, partendo dai massimi sistemi, ma finalmente arriviamo a ciò che ci interessa: i muscoli. Questi sono innestati sulle ossa, che fungono da “aste rigide”; quando si contraggono, applicano una forza motrice per vincere una forza resistente, di solito un carico naturale (il nostro peso corporeo, ad esempio) o esterno. Le articolazioni fungono da fulcri. Di conseguenza, i nostri muscoli sono assimilabili a leve meccaniche

Per la maggior parte, si tratta di leve del primo o del terzo tipo. Quelle vantaggiose del secondo tipo sono abbastanza rare. La ragione è che la maggior parte dei movimenti che facciamo deve essere ampia e rapida, più che indirizzata a sollevare carichi molto pesanti. 

Un caso particolare è dato dalla flessione plantare del piede con le gambe tese. Questa è una leva del secondo tipo: i metetarsi (ossa e articolazione dell’avanpiede) fanno da fulcro, il peso del corpo si “scarica” a livello della pianta del piede, mentre la forza è data dai muscoli del polpaccio. Dato che il “braccio” dei muscoli è maggiore di quello del peso, la leva è vantaggiosa e possiamo andare sulle punte dei piedi e camminare con poco sforzo.

Il bicipite del braccio, invece, interviene su una classica leva del secondo tipo: la forza di trazione muscolare è applicata poco oltre al gomito (il fulcro), mentre qualunque oggetto tenuto in mano è una forza resistente con un braccio (è il caso di dirlo!) lungo. Nonostante sia una leva svantaggiosa (quanta fatica per tirare su qualche decina di kili!), permette movimenti ampi e rapidi quando i pesi sono leggeri.

Un esempio di leva di primo tipo è invece il sistema testa (resistenza)-atlante (fulcro)-muscoli occipitali (che generano forza motrice). Questo sistema permette di flettere ed estendere il capo.

Per completezza: esistono alcuni accorgimenti biofisici, che fanno sì che il sistema muscolo-scheletrico non sia esattamente un sistema puro di leve. Ad esempio, la rotula sposta in avanti la forza di trazione del quadricipite e ne aumenta l’efficacia. Tuttavia, l’approssimazione funziona molto bene per spiegare la stragrande maggioranza dei movimenti e farcene apprezzare l’efficace semplicità.

Sfruttare le leve per allenarsi

Sfruttare i principi delle leve permette di variare gli allenamenti di forza: basta modificare il braccio, oltre al peso da spostare, per ottenere esercizi più o meno faticosi. 

Ad esempio, i piegamenti sulle braccia vengono facilitati usando le ginocchia e non i piedi come fulcro: non solo non dobbiamo sollevare il peso delle gambe, ma la distanza tra fulcro e applicazione della forza resistente (intorno al core) viene diminuita.

Anche gli esercizi per le spalle possono venire aggiustati tenendo le braccia più o meno tese – ossia avvicinando o allontanando i pesi dal corpo; e così via. Una volta compresi i principi di base, possono essere aggiustati a piacimento per personalizzare le schede di allenamento, sia coi pesi che a corpo libero!

Bibliografia 

[1] J. Weineck, “Anatomia sportiva. Principi di anatomia funzionale dello sport”, Calzetti Mariucci, 2004

[2] Mazzoldi P, Nigro M., Voci C., “Fisica”, Edises, volume 1, 1991

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